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Smaltimento dell'energia parassita nei trasformatori a commutazione

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Link Articolo Originale: http://www.grix.it/viewer.php?page=10469

 

Nei convertitori a commutazione la trasformazione dell'energia parassita immagazzinata nel traferro e nella bobina primaria è un grave problema. Lo smaltimento o meglio il recupero dell'energia di magnetizzazione parassita indotta è la soluzione migliore. Poiché questo e un aspetto importante, ed inoltre, in un precedente articolo, mi hanno criticato per la sua completa omissione, ho deciso di colmare tale lacuna, (fermo restando che oltre a criticare questi “professori” potevano pubblicare loro qualcosa in merito).In tutti i casi sottostanti la suddivisione del primario in due parti da mettere su due strati con l'avvolgimento o gli avvolgimenti secondari si sistemati tra i due semi-primari riduce drasticamente le induttanze parassite.

Individuando le tecniche utilizzate in due gruppi principali:

A) Smaltimento termico. L'energia parassita indotta viene convertita in calore.

B) Ritorno di energia. L'energia parassita in eccesso viene riportata indietro alla tensione di alimentazione.

A) Smaltimento termico

Lo smaltimento termico è la soluzione più semplice. Viene utilizzato principalmente nel settore dei servizi di trasformazione di piccole dimensioni, dove la perdita di energia non è talmente alta da abbassarne significativamente il rendimento. Tale metodo normalmente si divide in tre principali varianti.

Variante 1

La versione più semplice è un attenuatore RC come da esempio sottostante,

lo svantaggio è che ha anche il più basso rendimento e come se non bastasse è anche il più difficile da calcolare. Oltre alla energia dispersa, sul condensatore C 1 in ogni periodo, avremo la tensione Ue primaria e a cui si somma la tensione


                                     

con Sp = numero di spire al primario e Ss = numero di spire al secondario.

La misura dell'energia persa è

                          

L'unico sistema per diminuire le perdite è quello di rendere C 1 il più piccola possibile. Dopo aver spento il transistor, la tensione sul quest'ultimo aumenta almeno a Ur + Ue . A questa, si aggiunge ancora la tensione indotta nel induttanza di dispersione. Prendendo in considerazione ora Ls = induttanza di dispersione le cose si complicano ulteriormente essa costituisce poi insieme con C 1 è un circuito risonante, che può oscillare liberamente e la cui tensione si somma a Ue + Ur . Il resistore R 1 serve a smorzare le oscillazioni in alta frequenza il più rapidamente possibile. Il dimensionamento ottimale non è così facile da definire. Da una parte, il condensatore deve essere il più piccolo possibile, in modo che le perdite sono basse, dall'altra parte la tensione indotta sul transistor è tanto maggiore quanto minore è il condensatore. Specialmente quando si usano MOSFET ad alta tensione di blocco che di solito anno anche una elevata resistenza di on e bassa corrente massima. È pertanto necessario trovare un compromesso, inoltre è necessario innanzitutto minimizzare l'induttanza di dispersione con un buon accoppiamento magnetico delle bobine. Un esempio, potrebbe essere con un alimentatore flyback, che utilizza un transistor da 600-volt, che è ( in realtà è una configurazione che si vede spesso) a prima vista sovradimensionato con la potenza massima fornita con 400 volt alla massima corrente diretta. In questo caso, i 600 volt sembrano esagerati. Se noi ora sommiamo la Ur e la tensione indotta di 100 volt nel induttanza di dispersione, il margine è già sparito. Conoscendo la corrente massima Imax nella bobina, che si verifica appena prima di spegnere il transistore. Avremo che l'energia dell'induttanza di dispersione "memorizzata" è

       

In casi estremi l'intera energia del campo diffuso passa nel condensatore C 1.

Per l'energia dissipata nel condensatore la formula è

 

Con il completo trasferimento di energia avremo

             

Il potenziale di riferimento per il calcolo dell'energia nel condensatore è Ue + Ur al quale aggiungiamo la tensione induzione dell'induttanza di dispersione Uc che questo esempio è 100 volt. Ora che tutte le altre variabili sono note, si può calcolare C 1, risolvendo la formula

 

Per R1 c'è un valore di massimale da non superare, infatti nel circuito risonante Ls/C1 se

         

il circuito di risonanza viene drasticamente smorzato mentre un ulteriore aumento di R 1 porta invece di uno smorzamento superiore solo una tensione superiore sul transistor. Potrebbe sembrare dopo il calcolo di R 1, che il suo valore sia troppo basso per creare una caduta di tensione significativa sulla medesima. Comunque una oscillazione smorzata è da preferire ad una eccessiva tensione sul transistor dopo il suo spegnimento.

Variante 2

Una versione migliorata e più comune la troviamo nel il circuito sotto.

Essa ha il vantaggio di non produrre perdite durante la fase di on, ottimizzando l'efficienza a pieno carico. Questo circuito può essere calcolato con relativa facilità, basta scegliere C 1 così grande che la tensione nel periodo non cambi in modo significativo, ad esempio:

                                          

Per il calcolo del convertitore, sapendo il valore della frequenza di commutazione a pieno carico f e la corrente di bobina Imax. Se l'induttanza di dispersione è nota, il campo energetico parassita sarà

                                          

e quindi la sua potenza sarà

                                                                       

R1 può essere calcolata in modo che essa attenuerà tale potenza quando la Ur è presente. Dal momento che Ur è sempre presente in R1, tale smorzamento si realizza anche a regime minimo.

Variante 2

Ancora più semplice è il dimensionamento di questa variante.

La tensione di picco è facilmente intercettata con un diodo zener o ancora meglio con un varistore. La tensione zener è leggermente maggiore di Ue, in modo che il diodo conduce solo quando è realmente necessario. La dissipazione di potenza necessaria del diodo Zener deve sempre essere significativamente più grande della potenza campo di dispersione a pieno carico. Proprio come con la variante 2, questo perché altre alla tensione indotta dal induttanza dispersa si aggiunge ancora la tensione Ur del induttanza principale. Il vantaggio del circuito diodo Zener, tuttavia, è che deve dissipare poca potenza solo quella in eccesso e non tutta la potenza fornita dalla tensione di alimentazione. Poiché il diodo Zener per il suo funzionamento intrinseco nella fase on potrebbe cortocircuitare tutta la tensione di alimentazione ha bisogno di un ulteriore diodo che ne impedisca la conduzione in questa fase.

    B) Ritorno di energia

Per migliorare l'efficienza e per evitare evidenti problemi di raffreddamento, si cerca, soprattutto a livelli di potenza più elevati, di recuperare l'energia del campo di dispersione memorizzato. Ci sono diverse opzioni che sono naturalmente più costose. La cosa migliore sarebbe naturalmente di non avere ritorni nel processo di conversione. Purtroppo, questo è possibile solo per i circuiti a mezzo ponte e ponte completo.

Qui sotto la più semplice configurazione per il recupero dell'energia di magnetizzazione in un classico circuito in configurazione single-ended. Durante la fase di blocco l'energia viene restituita tramite la bobina di smagnetizzazione W2 alla tensione di alimentazione. Poiché l'accoppiamento magnetico di W1 e W2 non è ideale, rimane un campo diffuso che va a influire ancora in W1.

La situazione migliora nel circuito 5. gli avvolgimenti W1 e W2 sia per questo scema che nel precedente hanno esattamente lo stesso numero di giri.

 

Nei punti in cui è collegato il condensatore C1, i segnali delle due bobine sono esattamente in fase. Il condensatore di accoppiamento C1, per così dire include l'induttanza di dispersione tra W1 e W2. Ora, sia l'energia magnetizzazione e l'energia campo di dispersione possono essere riciclati direttamente tramite il diodo D1 sulla tensione di alimentazione. Poiché C 1 nel circuito equivalente in parallelo con le due bobine e l'induttanza di dispersione è equivalente ad un circuito risonante, esso può teoricamente portare a indesiderabili autooscillazioni. Per scongiurare questa condizione viene scelto C1 così grande che la frequenza di risonanza di questa combinazione è molto inferiore la frequenza di commutazione.

C'è anche lo stesso problema con i convertitori push-pull collegati in parallelo, cioè con bobine separate per ogni transistor.

 

Come abbiamo visto prima, il principio è esattamente lo stesso. Tutto è raddoppiato, i rendimenti energetici sono quelli precedentemente descritti. Lo svantaggio è che gli avvolgimenti del trasformatore sono raddoppiati e quindi è più costoso da fabbricare e anche lo spazio disponibile per gli avvolgimenti non è utilizzato in modo ottimale.

Ancora più interessante è una tecnica in cui non è richiesta alcun avvolgimento aggiuntivo per il riciclo. Ciò è possibile con un circuito a ponte, come mostrato sopra, il ponte consiste di due diodi e due transistor, collocati sulle diagonali come mostrato nel disegno sottostante che è lo stesso di quello sopra ma ridisegnato per far comprendere le diagonali del ponte.

 

Entrambi i transistor sono commutati simultaneamente sia in la fase di flusso che durante la fase di bloccaggio. Un transistor collega la bobina primaria sulla massa e dall'altro l'altra estremità sulla tensione di esercizio. Nella fase di bloccaggio con la inversione della polarità della tensione nella bobina primaria, e l'energia nel trasformatore è riciclata grazie ai diodi D 1 e D 2 verso la tensione di alimentazione. I transistori non hanno bisogno di una tensione di lavoro eccessiva basta che sopportino quella di alimentazione. Uno svantaggio del circuito ponte è la difficile controllabilità del transistore nel braccio superiore del ponte. Una variazione interessante del controllo viene mostrato nello schema sottostante

 

Il segnale di controllo per T1 può essere eliminato. Quando T2 viene attivato, riduce la tensione di source di T1 tramite R1 ora il gate di T1 viene portato a una tensione di polarizzazione, in modo che anche T1 inizia a condurre. Ora, se T2 si interdice, questo provoca un cambiamento di corrente e tensione nella bobina primaria e di conseguenza anche nell'avvolgimento ausiliario. Grazie a R3 e C1 T1 viene quindi attivato in modo corretto o disattivata a seconda della fase di T2. La resistenza di R1 è calcolata per tensioni di esercizio superiori a 100 volt, e deve essere, a tensioni operative più basse ridotta in modo che T1 riceva una tensione sufficiente di gate. La tensione sull'avvolgimento ausiliarie deve essere circa 20 volts.

Con questo penso di aver risposto alle critiche di incompletezza... per lo meno su tale aspetto, vista la vastità dell'argomento.

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