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Microspia a 220 Volt

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Microspia a 220 Volt

Microspia a 220 Volt. Trasmettitore microfonico UHF per intercettazioni ambientali appositamente studiato per entrare nella scatola ad incasso di qualsiasi presa a muro senza eliminare la presa stessa. Si ottengono così due importanti risultati: un’autonomia infinita ed un perfetto camuffamento del circuito. Disponibile in due versioni: con potenza di uscita di 10 mW e portata di 200÷300 metri e con potenza di 400 mW e portata di oltre un chilometro.

La sicurezza (attiva e passiva) è sicuramente - ve ne sarete accorti - tra gli argomenti da noi preferiti ed affrontati più frequentemente: nelle pagine di ElettronicaIn avete avuto modo di vederemicrospie di ogni tipo, da quelle radio più semplici alle quarzate, realizzate con le più sofisticate tecniche disponibili, dotate anche di compressore microfonico per riprodurre in maniera ottimale sia segnali vicini che lontani, e di scrambler per evitare l’intercettazione da parte di estranei.

Abbiamo anche proposto un piccolissimo registratore di telefonate, da applicare alla linea per tenere sotto controllo i telefoni di una casa o di un ufficio. Rimanendo in quest’ambito vogliamo proporre ancora il progetto di una microspia, un progetto a dire il vero abbastanza inconsueto perché il circuito è stato pensato per essere nascosto all’interno di una presa di corrente ad incasso dalla quale trae anche alimentazione.

Si tratta di un minitrasmettitore basato sul noto modulo ibrido TX-FM audio dell’Aurel, alimentato mediante un piccolo trasformatore collegato alla rete, il cui circuito stampato è dimensionato in modo da poter essere alloggiato in una cassetta standard per prese ad incasso di quelle usate per gli impianti elettrici: entra insomma nelle più comuni quali BTicino, Gewiss, Vimar, ecc.

Naturalmente per essere camuffata alla perfezione la radiospia consente di lasciare almeno un “frutto” montato (tipicamente quello centrale); dall’esterno, pertanto, non si vede altro che la classica presa singola e niente più. Per captare al meglio voci e rumori è ovvio che la placca deve essere forata almeno in un punto, sul quale poi va appoggiato -dall’interno - il microfono. In alternativa, per una soluzione ancora più professionale, si può adoperare una placca a tre fori chiudendo quelli a lato con “tappi” forati per lampadine o led spia, oppure con le parti frontali dei campanelli (buzzer) a 220V per incasso: in questo caso, non essendoci molto spazio all’interno, è necessario asportare il ronzatore vero e proprio e lasciare solamente la placchetta forata del frutto.

Di questi accorgimenti ci occuperemo in dettaglio più avanti. Analizziamo adesso il dispositivo vero e proprio dicendo subito che abbiamo previste due versioni: la prima, più semplice, utilizza per la parte radio solamente il TX-FM audio ed ha quindi una potenza di 10 mW; questa versione può essere utilizzata quando è possibile avvicinarsi ad un centinaio di metri dall’obiettivo, ovvero sotto la casa dove avviene l’intercettazione ambientale, in un appartamento vicino, da un palazzo adiacente, ecc.

La seconda versione - più potente - è invece destinata all’impiego in quelle situazioni dove non ci si può avvicinare troppo con il ricevitore senza essere notati: ad esempio in capannoni e fabbriche circondati da un grande spiazzo e/o recintati, in un parco, in uno stabile molto distante da altri o comunque troppo esposto, ed in casi simili; i 400 mW di potenza RF ottenuti con l’ausilio del booster AF PA433 assicurano un buon ascolto in ogni condizione e nel raggio di circa 1 chilometro.

Lo svantaggio della versione più potente riguarda la possibilità che l’emissione, proprio per la vasta area interessata, venga scoperta più facilmente. Notate che l’aggiunta di un modulo non pregiudica l’inserimento della microspia nella solita scatola della presa. Bene, dopo queste premesse, analizziamo subito i dispositivi in questione, esaminando per primo lo schema elettrico del modulo da 10 mW e poi quello della versione potenziata, fermo restando che quest’ultimo circuito è esattamente uguale al primo con la sola differenza che ha un ibrido in più.

In ogni caso ciò che vi proponiamo è una radiospia in UHF ultrastabile operante a 433,75 MHz a modulazione di frequenza, caratterizzata da un’ottima fedeltà sonora, che permette di ascoltare bene ogni voce o suono nell’ambiente. Le ridotte dimensioni sono una conseguenza diretta dell’impiego di un solo componente per tutta la sezione radio, e di pochissimi passivi ed un transistor per la sezione microfonica. La “parte del leone” la fa un modulo ibrido già noto perché utilizzato nel radiomicrofono professionale nella microspia UHF e nel sistema di diffusione sonora: parliamo del TX-FM audio dell’Aurel, un ibrido con piedinatura S.I.L. a 16 pin contenente un modulatore di frequenza, un oscillatore SAW da 10 mW su 50 ohm operante a 433,75 MHz (risponde alle normative CE ETS 300 220, anche se nel nostro caso questo conta poco...); è prevista la possibilità di inserire una rete di preenfasi che esalta le alte frequenze della gamma audio in modo da attenuarle in ricezione sopprimendo così i fruscii tipici dell’ascolto radiofonico.

Microspia a 220 Volt - schema elettrico della versione da 10 mW

microscopia 220 volt

Il modulo presenta una banda passante estesa tra 20 e 30.000 Hz, quindi consente trasmissioni ad alta fedeltà; accetta in ingresso segnali audio dell’ampiezza tipica di 100 millivolt, e nella nostra applicazione viene eccitato dal segnale di un microfono (la solita capsula electret a 2 fili) amplificato mediante un semplicissimo stadio a transistor ad emettitore comune. Scendiamo ora nei particolari: voci, suoni e rumori nel locale sotto controllo vengono captati dalla capsula microfonica preamplificata che, oltretutto, presenta un’ottima fedeltà ed un buon livello di uscita tale da richiedere una minima amplificazione prima di andare all’ingresso del modulo trasmittente.

A fare da interfaccia tra la capsula MIC e il TX-FM audio è il transistor NPN T1, un BC547 montato in configurazione ad emettitore comune con resistenza di emettitore e retroazione cc/ac tra collettore e base: con la configurazione ed i valori attuali il guadagno dello stadio amplificatore è dell’ordine di 40 volte, più che sufficiente a garantire una buona sensibilità, considerando che gli elementi electret forniscono in uscita qualche millivolt (anche 10 mVeff.) e che al piedino di ingresso dell’U2 occorre fornire grosso modo i canonici 100 mV.

Microspia a 220V - schema elettrico della versione da 400 mW

Notate che la leggera amplificazione consente di mantenere un buon rapporto S/N (segnale/rumore) e quindi di elevare di poco anche i disturbi dovuti alle interferenze derivanti dalla vicinanza dei cavi e della presa di rete all’interno della cassetta, in questo caso decisamente più forti che in altre occasioni.


Microspia a 220 Volt - seconda parte

 
 

Microspia a 220 Volt, seconda parte. Il microfono MIC è polarizzato mediante il potenziale stabilizzato dal diodo Zener DZ1 (con l’aiuto della resistenza di caduta R1) attraverso la R2; particolare rilievo assume l’elettrolitico C4, che filtra l’eventuale interferenza a 50 Hz dovuta alla vicinanza della rete evitando che giunga allo stadio di ingresso e che da questi venga amplificata insieme al segnale.

Il condensatore C5 consente l’accoppiamento con il T1, bloccando la componente continua di polarizzazione; lo stesso vale per C6, riguardo al circuito di collettore dello stesso transistor che lascia transitare il segnale audio verso l’ingresso BF dell’ibrido U2.

Osservate che i condensatori sono dimensionati per limitare la banda passante alle basse frequenze così da trattare bene la voce attenuando invece il ronzìo a 50 Hz. Il modulo TXFM audio (U2) lavora nella configurazione tipica, salvo che per la parte di preenfasi stavolta non utilizzata: al posto della rete di filtro passa-alto troviamo un partitore resistivo (R6/R7) che attenua il segnale uscente dal primo stadio prima di mandarlo al modulatore FM.

Notate che giocando sui valori dei due resistori si può aumentare o diminuire la sensibilità della microspia, lasciando inalterato il circuito di ingresso: più precisamente, aumentando R6 si ha una riduzione del livello e quindi della sensibilità, mentre riducendolo si ottiene il contrario, ovvero l’audio viene trasmesso con più intensità.

Eliminando la rete di preenfasi avremo un peggioramento del rapporto segnale/rumore del collegamento via-radio, tuttavia nella pratica abbiamo visto che il problema è di poco conto: è vero che senza di essa passano tutti i fruscii tipici della radioricezione, ma dovendo lavorare prevalentemente con la voce è sufficiente attenuare le alte frequenze sul ricevitore in modo da non ascoltarli, sentendo soprattutto quello che ci interessa. Del resto dobbiamo fare un dispositivo per l’ascolto a distanza, mica un impianto hi-fi. A proposito di ricevitore, per ascoltare quanto inviato nell’etere dal TX basta utilizzare uno dei due progetti proposti in passato ovvero il ricevitore per microspia oppure il ricevitore per diffusione sonora.

Il cablaggio della microspia da 10 mW

Entrambi questi progetti sono disponibili in scatola di montaggio e possono essere richiesti alla ditta Futura Elettronica di Rescaldina. La radiofrequenza modulata e trasmessa dall’ibrido TX-FM audio esce dal piedino 15, al quale va collegata un’apposita antenna trasmittente che potrà essere costituita anche solo da uno spezzone di filo (meglio se rigido) lungo 17 centimetri circa. E’ sconsigliabile adoperare antenne accordate o a stilo perché‚ nella pratica risulterà alquanto difficile piazzarle all’interno della scatola della presa, oltretutto già ben riempita, soprattutto se consideriamo che oltre al circuito vi saranno i cavi della rete.

Particolare importanza ha l’alimentazione della radiospia che, non essendo a batterie, garantisce un’autonomia infinita (salvo black-out ENEL!): è stato previsto un piccolo alimentatore che funziona con la tensione di rete facilmente prelevabile all’interno della scatola direttamente dai cavi della presa o altro frutto presente. Abbiamo in sostanza il solito trasformatore (da 2VA) con primario da rete 220V/50Hz, e secondario da 12V capace di erogare circa 180 milliampère, più che sufficienti per far funzionare entrambi i moduli, sia quello da 10 che l’altro da 400 milliwatt.

Il ponte di diodi PT1 raddrizza l’alternata BT e ricava impulsi sinusoidali che poi C1 livella trasformandoli in una tensione continua. Il regolatore integrato U1 pensa a stabilizzare poi il tutto ottenendo 12 Vcc che, ulteriormente filtrati dall’elettrolitico C2, raggiungono il resto del circuito tramite un filtro L/C passa-basso formato dall’induttanza L1 e dal condensatore C3: questi ultimi servono a bloccare eventuali fughe di radiofrequenza dalla microspia verso il 7812, che diversamente potrebbe autooscillare, e ad eliminare i disturbi impulsivi che talvolta passano per la rete ENEL e che potrebbero presentarsi nel circuito audio.

Microspia a 220 Volt - la versione più potente

Quanto detto finora descrive dettagliatamente la microspia base, cioè quella con potenza di uscita di 10 mW; vediamo adesso l’altra, quella potenziata in grado di coprire distanze maggiori (fino ad un chilometro), che sostanzialmente è la stessa cosa, ma ha in più un modulo booster montato direttamente all’uscita RF del TX-FM audio. Se diamo un’occhiata al relativo schema elettrico possiamo rendercene subito conto: abbiamo il solito microfono che capta l’audio, T1 che lo amplifica, l’ibrido U2 che viene modulato dalla BF e produce un segnale a radiofrequenza uscente ancora dal piedino 15. La differenza sta proprio qui: infatti non vi è subito collegata l’antenna trasmittente, ma tale pin si trova direttamente connesso all’entrata di un amplificatore ibrido anch’esso - operante in UHF e capace di erogare fino a 400 milliwatt di potenza R.F. su un carico da 50 ohm di impedenza. Si tratta del booster PA433, un modulo Aurel studiato appositamente per essere accoppiato con il TX-FM audio o con altri TX a 433 MHz: anche questo è montato nella configurazione tipica già vista nel fascicolo n. 30, con la sola differenza che diamo lo stato logico 1 per l’abilitazione mediante un partitore, risparmiando il diodo Zener. Nella pratica vedete che U3 riceve il segnale RF al piedino 2, e lo restituisce amplificato dal 14, al quale viene connessa l’antenna trasmittente; al pin 5 giungono i 12 volt dell’alimentazione, mentre il 10 (TX enable) viene attivato con il livello alto fornito tramite R8/R9. I piedini 1, 4, 6, 9, 11, 13, 15 rappresentano le connessioni di massa per tutte le altre parti del modulo e per gli schermi. Per poter funzionare correttamente la radiospia richiede un’antenna accordata a 433 MHz o quantomeno uno spezzone di filo lungo 17 cm posto attorno alla scatola della presa, o disteso in una canalina libera da altri cavi. In ogni caso bisogna evitare di accendere il TX senza carico, perché‚ il booster (in questo caso la potenza in gioco è quasi mezzo watt!) potrebbe danneggiarsi. 


Microspia a 220 Volt

Microspia a 220 Volt, terza parte. Ultimata così la descrizione teorica dei due dispositivi passiamo alla parte pratica analizzando come si preparano e soprattutto come si installano le due microspie: per brevità faremo riferimento ad un solo circuito, dato che la sola differenza tra le due versioni riguarda la presenza o l’assenza dell’amplificatore RF, dicendo al momento giusto cosa montare in più o in meno, e dove.

Microspia a 220 Volt - realizzazione pratica

Per prima cosa bisogna al solito preparare la basetta stampata che si preferisce (abbiamo previsto due c.s., uno per la radiospia piccola ed uno per quella a lunga portata) seguendo la traccia di queste pagine (i disegni sono in scala 1:1) ricorrendo preferibilmente alla fotoincisione. Ultimate l’incisione con percloruro ferrico, lavate la basetta e asciugatela, quindi controllate che non vi siano cortocircuiti tra piste vicine, nel qual caso eliminateli con una lametta.

Procurati tutti i componenti, montate dapprima le resistenze e il diodo Zener, da posizionare con la fascetta colorata che indica il catodo nel giusto verso; infilate e saldate i condensatori elettrolitici, prestando attenzione alla polarità dei terminali (il reoforo lungo è il +) per poi passare al transistor BC547 (per il verso riferitevi al piano di cablaggio) ed al ponte a diodi PT1, anch’esso da inserire nel modo indicato.

Montate quindi il regolatore integrato 7812 nel verso dettato dalle foto e dai disegni di queste pagine, quindi inserite e stagnate l’induttanza L1, di tipo VK200. Restano ora i moduli ibridi e la capsula microfonica: se state preparando la versione base dovete montare soltanto il TX-FM audio, mentre se avete tra le mani lo stampato della versione potenziata oltre all’U2 dovete sistemare l’U3, cioè il booster UHF; notate che in entrambi i casi i moduli entrano nei rispettivi fori soltanto nel verso giusto, quindi non vi sono problemi di sorta per posizionarli.

Per ultimo procuratevi un trasformatore da 2VA con primario a 220V/50Hz e secondario da 12 volt, ed infilatelo nei rispettivi fori della basetta: ricordate che il componente deve avere la stessa piedinatura di quello da noi previsto, e badate di non scambiare tra loro i due avvolgimenti, altrimenti il circuito potrebbe danneggiarsi. In assenza di altre indicazioni considerate che solitamente (per convenzione) i trasformatori da circuito stampato hanno i capi del primario più distanti di quelli del secondario, e questo proprio per poterli distinguere.

Arrivati a questo punto non resta che collegare l’antenna alla presa ANT, posta diversamente da stampato a stampato, ovvero all’uscita di U2 nella versione base e al piedino 14 dell’U3 in quella potenziata: dovendo poi mettere il tutto in una scatola ad incasso per prese a 220V (tipo BTicino Magic e Living, Gewiss Playbus, Vimar, ecc.) bisognerà obbligatoriamente usare come antenna uno spezzone di filo rigido lungo 17 o 35 cm (rispettivamente 1/4 e 1/2 d’onda) opportunamente ripiegato sul bordo esterno della scatola stessa, o infilato in una canalina o un tubo nel quale si sia preventivamente verificato che non vi siano altri cavi, soprattutto collegati alla rete o ad utilizzatori.

Completato il montaggio e verificato che sia tutto a posto dovete soltanto collegare la capsula microfonica, che converrà connettere alle rispettive piazzole dello stampato usando uno spezzone di cavetto schermato coassiale per BF lungo circa 10 cm, del quale la calza metallica andrà a massa ed il capo centrale al punto di unione di R2 e C5. Dall’altro lato del cavetto, già scoperto, collegate la capsula microfonica (del tipo electret preamplificata a due fili) mettendo il conduttore interno sull’elettrodo di massa e la calza-schermo su quello elettricamente connesso al contenitore.

Per rendere ancora più resistente il collegamento anche dal punto di vista meccanico è consigliabile ricoprire la giuntura e parte della capsula microfonica con un tubetto di guaina termorestringente. A questo punto bisogna realizzare la lamina di schermo da saldare alla pista di massa sottostante in modo che protegga i circuiti BF e radio dalle interferenze della rete: allo scopo tagliate una piastrina di dimensioni tali da entrare nella cassetta, ovvero larga quanto lo stampato ed alta quanto basta per toccare la placca una volta chiusa la scatoletta.

Il materiale della placca deve essere preferibilmente ferro dolce o zincato (spessore 0,8÷1 mm) ma si può anche farla con della lamiera di rame (spessa 0,8÷1 mm) anche se in quest’ultimo caso non si ha la stessa protezione dalle interferenze. Va bene anche un pezzetto di basetta ramata.

Sagomata adeguatamente la “barriera” si deve saldarla alla pista di massa tenendola in piedi e posizionandola in modo che stia tra il bordo di un frutto (presa, interruttore) e la parte audio e radio della microspia; notate che usando la lamiera di ferro zincato bisogna raschiare alcuni punti con una limetta o con tela-smeriglio, altrimenti non è possibile fare la saldatura perché lo stagno non può aderire. Per il fissaggio aiutatevi con degli spezzoni di terminali tagliati dai componenti, che salderete da una parte sul lamierino lasciandoli sporgere di quanto basta, quindi li infilerete nei fori di massa del circuito stampato.

Fatto questo la microspia è pronta all’uso, perché non richiede alcuna operazione di taratura o messa a punto: basterà connettere con due corti e sottili spezzoni di filo i punti di ingresso 220V dello stampato ai morsetti della presa contenuta nella cassetta; se non vi è una presa ma un interruttore o meglio un deviatore, cercate i cavi di neutro e fase e collegatevi ad essi.

Tutte le operazioni sulla presa e sull’impianto elettrico vanno effettuate dopo aver sconnesso la rete elettrica tramite l’interruttore principale della linea o del locale. Evitate interventi sotto tensione, a meno di non essere particolarmente esperti e di non aver indossato dei guanti isolanti. Il circuito va piazzato sul fondo della scatola e bloccato magari con del silicone sigillante o colla termofusibile, posizionandolo in modo che la barriera venga a cadere tra il frutto centrale e i componenti dellamicrospia, lasciando dalla parte opposta l’alimentatore e quindi il piccolo trasformatore da rete.

Fatti i collegamenti con i due fili (neutro e fase) e controllato il circuito, realizzate un foro da 5 mm sulla placca di supporto o asportate la copertura del posto laterale che sta sopra il microfono; nel primo caso incollate la capsula appoggiando il lato sensibile in modo che si affacci dal foro appena fatto (attenzione a non fare andare la colla di fronte al lato sensibile) mentre nel secondo dovrete solo farla uscire.

Chiudete la presa avvitando e fissando la placca di supporto. Prendete ora l’altra placca, quella esterna (che si vede da fuori..) e fatele un forellino del diametro di 2 mm in corrispondenza del punto dove si trova la capsula electret: se questa è già stata incollata fate in modo che il foro che andate a fare sia concentrico rispetto a quello fatto sulla placca di supporto, in modo da far passare le onde sonore dall’ambiente verso la superficie sensibile. Se invece il microfono deve ancora essere fissato, incollatelo sulla placca esterna a ridosso del forellino da 2 mm, badando di centrarla e di evitare che la colla passi davanti al buco stesso.

Fatto questo bloccate l’insieme e date tensione all’impianto: da adesso la microspiaè pronta a funzionare ed a trasmettere nell’etere quanto captato nel locale. Prima di concludere vogliamo dare qualche ultimo consiglio: se il dispositivo vi appare troppo sensibile potete ridurre il guadagno dello stadio microfonico aumentando il valore della R5 fino ad un massimo di 220 ohm (partendo dai 10 attuali), se invece vi sembra che l’audio si senta troppo basso conviene agire sul partitore posto tra i piedini 6 e 7 dell’ibrido U2, abbassando il valore della R6 fino a 4,7 Kohm, badando di non far saturare il trasmettitore; questa condizione è evidenziata dalla distorsione in ascolto.

Ancora, se ritenete troppo visibile il forellino sulla placca esterna, potete camuffare meglio il microfonino usando una placca a tre fori, montando un solo frutto in mezzo, chiudendo con un tappo il posto dalla parte dei circuiti audio, e inserendo la griglia di un sensore o di un ronzatore o campanello dal lato opposto: dietro di questa potete poi mettere la capsula electret, anche senza farla venire troppo avanti.

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